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A valle ci siamo noi.

Scritto da:

Elia Mercanzin

Gli eventi accelerano.
Avete notato quante cose son successe negli ultimi 15 mesi?
Ho sufficienti primavere per confrontare la frequenza degli accadimenti recenti con quelli del secolo scorso e posso affermare con serena cognizione che la palla di neve sta rotolando sempre più velocemente verso valle, aumentando le proprie dimensioni, giro dopo giro.
A valle ci siamo noi…
ma sembra che la penombra che si crea al mattino e al tramonto, quando il sole della consapevolezza si nasconde dietro alle vette, impedisca alle persone di vedere ciò che sta arrivando.
A mezzogiorno, quando tutto dovrebbe esser in luce, una “vana e speranzosa inquietudine” regna sovrana.

La speranza viene dalla illusoria convinzione che in un modo o nell’altro le cose andranno a posto perchè è sempre stato così.
Un “Sempre” che, collocato nella timeline di vita delle persone che mi circondano, ha un buffer di memoria che si estende all’indietro per 10, 20 o 30 anni al massimo, nei migliore dei casi.
Quindi oltre ad essere un “Sempre” estremamente relativo esso è soprattutto un “Sempre” distorto dalla non conoscenza dei fatti, dall’incapacità di decodificare e accettare a livello emotivo i segnali che giungono.

L’inquietudine si è infiltrata anche nell’animo dei più illusi/disincantati o i “finti informati” (razza ben peggiore di disincantato-illuso) che ormai non possono più far finta di non sentire il rombo sordo della valanga che si sta gonfiando lassù e fa vibrare i vetri delle finestre di casa.
Essi si domandano da dove vengano le improvvise sferzate di vento gelido che spazzano le strade ma  non vogliono capire, è troppo destabilizzante accettare l’ipotesi che il loro mondo rassicurante sia in pericolo.

Qui nel nord-est, a quelli della mia generazione, 35 – 40enni, non appartiene il concetto di impoverimento, di crisi, di peggioramento del tenore di vita, di mancanza assoluta di certezze.
Il benessere progressivo a cui ci siamo abituati negli ultimi due decenni, ha sedimentato nella nostra testa l’idea che la dinamica delle nostre esistenze (quantomeno dal punto di vista economico) è (o dovrebbe essere) un vettore puntato costantemente al miglioramento, passando per le canoniche tappe intermedie: acquisizione di un titolo di studio, consolidamento del lavoro, costruzione di una famiglia, possibilmente la casa di proprietà, una relativa serenità patrimoniale, se capita dei figli e via così.
Non abbiamo in memoria la guerra, la miseria, le privazioni, gli immensi sacrifici per raggiungere standard di vita dignitosi. Sono concetti a noi alieni, racconti polverosi dei nostri nonni o dei nostri genitori.
Oppure storie lontane, vicende “greche” o “spagnole”, vagamente percepite, che hanno nulla a che fare con noi perchè qui “certe cose non possono succedere, qui è diverso”.
Siamo inquieti ma aggrappati con le unghie a quelle vane convinzioni.
Incapaci di mettere a fuoco il piano di realtà, distratti, disinformati, sedati, anestetizzati a livello emotivo e intellettuale.
Ma l’inesorabile progredire degli eventi si occuperà di farci aprire gli occhi di colpo, come una valanga devastante che si abbatte sui nostri giardini ben curati, sulle nostre bacheche di Facebook e il vuoto spinto delle nostre deresponsabilizzanti illusioni.
Non sarà un risveglio piacevole.

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